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Willy Brandt


Tra marcia su Roma e delitto Matteotti

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La Fondazione Kuliscioff ci fa pervenire,un nuovo pezzo su Matteotti Dal Carteggio tra Anna Kuliscioff e Filippo Turati, tra la marcia su Roma e il delitto Matteotti. E' l'arco temporale in cui Il fascismo pone le condizioni del regime. Gli errori della maggioranza massimalista nel "biennio rosso"e l'ostilità vaticana nei confronti di don Luigi Sturzo, costretto a dimettersi dal partito polari, rendono impossibile un governo di "alternativa democratica" in grado di combattere il fascismo e spinge Anna ad augurarsi un colpo di stato militare. L'espulsione di Turati, Matteotti e degli altri riformisti dal Psi, la riuscita della marcia su Roma e l'assassinio dell'amatissimo Matteotti costituiscono episodi drammatici che fanno intravvedere la sconfitta delle battaglie politiche emorali condotte all'unisono da Anna e da Filippo.
Francesco Carelli

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Roma, Teatro del Popolo, 1 - 4 ottobre 1922. Il XIX Congresso nazionale del Partito socialista, vede la vittoria, di stretta misura, dei massimalisti, la rinnovata adesione del partito alla III Internazionale, l’espulsione dei riformisti. Questi, il 4 ottobre, costituiscono il Partito socialista unitario a cui aderiscono anche alcuni centristi, oltre a 63 deputati su 122. Segretario del nuovo partito viene nominato Giacomo Matteotti, mentre Treves assume la direzione dell’organo ufficiale “La Giustizia”.
Il 28 ottobre del 22 marcia su Roma e presa del potere da parte di Mussolini.

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Milano, 14 novembre 1922. Anna. “(…) Oggi il Corriere pare tutto spaventato dall’eventualità che la Camera del Lavoro faccia una lista propria da Caldara a Turati, includendovi molti simpatizzanti tecnici non tesserati, operai delle varie sfumature socialiste, cioè un blocco dell’Alleanza del lavoro. Si vede che questa notizia è raccolta nell’ambiente camerale, e forse non sarebbe cosa sbagliata”.

Milano, 17 novembre 1922. Anna. “Oggi chiederei a te una parola di conforto, tanto sono piena di disgusto, avvilita e quasi sgomenta dello spettro di rovine che si prospetta nell’avvenire. Tutto è estremamente pazzesco: le scudisciate distribuite in pieno a tutta la Camera ( - Mussolini aveva detto: Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli, potevo sprangare il Parlamento…- ), il disprezzo del Parlamento, gli insulti ai deputati, pronti a schiacciarlo coi loro voti di fiducia, la nessuna reazione dei sputacchiati e umiliati deputati, salvo un timido grido di Modigliani “viva il Parlamento!”, non seguito da nessuno e caduto nel vuoto in mezzo allo servilismo sbigottito di tutti. E il presidente della Camera, custode della dignità del Parlamento, che non ebbe né uno scatto, né una parola in difesa di chi egli rappresentava nella sua carica di eletto degli eletti ! Oh che schifo, che umiliazione, che desolazione di vivere o vegetare in un momento così torbido della storia del nostro povero paese !
Milano, 18 novembre 1922. Anna. “(…) E ora cosa succederà? Probabilmente la concessione dei pieni poteri e poi la discussione della riforma elettorale. Votata anche questa come vorrà il dittatore, i deputati, come cani bastonati, torneranno ai loro collegi nella speranza che in primavera alle elezioni possano tornare come squadristi dei blocchi nazionali. Non illudiamoci: Mussolini è furbo e non gli manca l’intuito politico;
a elezioni fatte col manganello si insedierà per una durata non prevedibile (…)”.
Milano, 19 novembre 1922. Anna. “(…) Io spero ancora che i massimalisti e comunisti si rifiuteranno di accodarsi a un vostro programma di amministrazione, magari anche in collaborazione con elementi tecnici di altri partiti, e questo sarebbe, credo, la salvezza degli unitari e di quel poco di socialismo che voi avete in custodia per l’avvenire”.
Milano,novembre 1922. Anna. “(…) Se dovesse cadere per una congiura di qualsiasi genere, e riprendere di nuovo i metodi della guerriglia civile, gli si darebbe buon gioco di riversarne la responsabilità sui suoi faziosi avversari. In tali condizioni non c’è che da opporre idee a idee, programmi a programmi, non rinforzare il fascismo con blocchi sinistri di qualsiasi genere, perché la vittoria di un blocco sovversivo fomenterebbe la violenza fascista e li stimolerebbe alla conservazione delle loro milizie armate”. Milano, 17 maggio 1923. Anna scrive a proposito del suffragio universale femminile. “Ti sono gratissima che al tuo messaggio alle donne congressiste dell’Alleanza Internazionale pro suffragio femminile, vi abbia spiritualmente partecipato anch’io da lontano. Ma, purtroppo, non è in tutto il riflesso del mio pensiero, come l’avrebbe potuto essere, se l’avessimo fatto insieme. Leggendolo stamattina ho finito con un sorriso, che ebbe qualche cosa d’amaro, perché il suo tenore mi confermò nella convinzione che “gli animali politici” che sono gli uomini, purtroppo, non vedono che il loro partito, di cui essi sono gli esponenti. Rivolgendosi a donne quale avrebbe potuto essere la nota più elevata, più vera e più giusta? Non è solo che i partiti socialisti hanno fatto proprie tutte le rivendicazioni femminili. Ma perché fino a ieri sono rimasti soli? E qui sarebbe stata necessaria una constatazione di fatto della partecipazione delle donne socialiste nei relativi partiti, alla loro cooperazione, al loro contributo portato all’elevazione intellettuale e morale dello stesso movimento socialista, che senza il contributo delle donne avrebbe probabilmente ritardato la difesa sociale e politica dei diritti della donna. L’augurio che potevate fare alle donne di tutte le classi, se mirano alla conquista dei loro diritti, era di lottare e combattere anche sul terreno politico nei partiti politicamente rappresentati nei Parlamenti. Questa affermazione sarebbe stata vera, perché ciò fu in realtà dappertutto nei paesi dove le donne conquistarono la cittadinanza politica, sarebbe giusta, perché, resa giustizia anche agli sforzi delle donne che si sfiatavano coi loro grandi uomini di partito, perché entri anche la donna nel loro repertorio politico, e sarebbe stata una nota elevata del riconoscimento da parte di un partito politico maschile della influenza che possono esercitare le donne sulla attività politica, pur essendo ancora escluse dall’arena politica”.
A proposito del progetto di riforma elettorale di Mussolini Anna scrive nel giugno 1923 “Mentre pareva che lo stesso governo fosse un po’ scosso dopo le discussioni nei giornali, e volesse tornare sul progetto di riforma elettorale, eccoti un colpo di scena e la presentazione immediata del progetto alla Camera. Si vede che si vogliono precipitare le cose, per impedire orientazioni e polarizzazioni di deputati e gruppi contrari al colpo di Stato, poiché quel progetto sotto mentite spoglie non è altro che l’abolizione del suffragio universale, voto plurimo, governo di minoranza del Paese nell’intento, non confessato, di ritocchi alla Costituzione”. Non so se sia un buon giorno di battaglia, volendo limitarsi soltanto alla discussione generale del progetto sulla riforma elettorale. Prima si lotta, impugnando tutta la legge pel suo spirito di reazione e anticostituzionale e, battuti nella prima fase, restereste completamente tagliati fuori. Bisogna quindi combatterla nei dettagli, perché riesca meno nociva di quello che è, complicare più che è possibile i singoli paragrafi della legge, fare tirar a lungo la discussione sino all’ostruzionismo, e mettere in grande imbarazzo tutti gli animi pavidi del vigliacchissimo consesso. Se vorreste limitarvi al solo fatto del colpo di Stato e della lesa libertà, vi precludereste la via di discutere i singoli articoli, dove si annida il vero tradimento al Paese.
Anna continua così, il 11 luglio 1923. “Se ti fossi vicina, mi sarei sforzata a dimostrarti che la bassezza e la volgarità non sono attributi soltanto della attuale Destra, ma si sono semplicemente spostati dall’Estrema Sinistra del ‘919 all’Estrema Destra del ‘923. I partiti della violenza hanno la stessa psicologia: nel ‘919 si sdegnavano non apertamente i partiti dell’ordine contro il bolscevismo indigeno, oggi sentite voi altri la nausea insuperabile allo spettacolo di bassezza del demagogismo del partito che si fa credere rivoluzionario e dominatore. E’ la ruota della storia, e anziché irrigidirsi nell’odio e nell’insofferenza, è da ricercare quei pochi ed ancora debolissimi sintomi del risveglio della resistenza che si manifesta nei vari ceti ed anche nei partiti. (…) Bisogna pur convincersi che questo regime non potrà cadere se non morendo di morte naturale o abbattuto da forze militari, due elementi che non sono ancora arrivati alla loro efficienza decisiva, ed è già molto, se potrete portare i primi colpi di piccone, non rimanendo isolati alla sola Estrema Sinistra”. Milano, 25 maggio 1924. Anna a Filippo. “Pensa quanti e quali rospi ingoiò ieri il povero reuccio, recitando il discorso scritto da Acerbo! Fa veramente pietà, quel povero ometto che a bassa voce dovette sottomettersi a fare l’apologia della marcia su Roma, insultando in fondo gli uomini politici che tennero il potere, da lui incaricati per designazione della Camera. E non basta: non capì neppure che si metteva contro l’esercito, inneggiando alla Milizia nazionale. Per lui non c’è più scampo. Dovrà finire col fascismo”.
Anna è entusiasta dell’astro nascente dei socialisti, Giacomo Matteotti: Il 31 Maggio 1924, scrive. “E così lo scoppio dei gas asfissianti, accumulatisi sin da martedì, è avvenuto. Matteotti, con coraggio e sangue freddo ammirabili, servì la scintilla, e l’atto d’accusa per invalidare tutte le elezioni politiche, tanto da noi auspicato, fu esteso dall’alta tribuna della Camera: ciò che avrà, probabilmente, anche qualche eco all’estero. (…) Avrai certo capito che non ero per le acquiescenze del quieto vivere, che sarebbero la morte, il vero suicidio dei partiti politici. E soprattutto mi rallegro che i veri e finora soli battaglieri sono proprio i deputati della frazione unitaria”. Purtroppo la sua opposizione intrepida a Mussolini lo portò a morte. Anna, il 12 giugno 1924, scrive: “Dalle 11 di stamattina sono sotto l’incubo Matteotti; fu una tegola sulla testa di tale colpo da rimanere sbalordita e mezza scema. (…) Matteotti ha pubblicato anche all’estero, sulla rivista inglese “The Statist” un articolo dove dice male del fascismo, perché il suo governo non ha risolto problemi vitali della vita economica e politica italiana. (…) Ad un semplice sequestro di persona non ci credo, perché è nella natura della logica della violenza di sopprimere le tracce, ed il sequestro non sarebbe che la soppressione della persona. Si vive in attesa di notizie, che arrivano da varie fonti, ma non sono quelle che si aspettano. “Il povero Matteotti dov’è’? E’vivo, è morto, fu seviziato, fu calato nel Tevere? Domande ossessionanti, che tolgono il sonno ed il respiro. (…) Si parla dell’arresto del Dumini, di un complice di Milano e di un terzo. Non si scoprirà con questi arresti dove si trova il nostro Matteotti, il vero martire del nostro partito? L’automobile, come è descritto oggi dal “Corriere” si dice che è quella che adoperavano sempre Cesare Rossi e Dumini. Si dice pure che le L. 5000 di cauzione per l’automobile furono fornite da Giunta, tutte notizie telefonatemi oggi nel pomeriggio, o portate dalle persone venute ad accertarsi, se io sono viva o morta. (…) L’unica nota un po’ confortante è la vostra seduta plenaria di tutte le opposizioni e la vostra collettiva decisione di non partecipare oggi alla seduta della Camera. E domani? Quanto potrà durare questa astensione? E, se non si trovassero più tracce del nostro povero amico, quest’astensione non dovrebbe sboccare in una vera dimissione di tutta l’opposizione unita e compatta?”
Successivamente, sempre nel giugno “Quello però che preme di più è che il blocco di
opposizione, forza reale in questo momento, agisca egualmente e non si lasci sfuggire l’attimo favorevole. Come? In che modo? Stimolando l’avvento di un regime militare immediato”.
Milano, 19 giugno 1924. Anna. “(…) Oggi venne da me la Viola Agostini, per chiedermi se le donne potessero fare qualche cosa in memoria del povero martire. Prima di tutto mi opposi che un atto qualsiasi da parte delle donne abbia da portare il timbro socialista, sì del fronte unico proletario.
Se dev’essere l’espressione del cordoglio e della pietà allora dev’essere di umanità universale di tutte le donne italiane”. “Mentre, se si lascia alla morte inesorabile a compiere la sua funzione di por fine naturalmente al corpo già imputridito, si eviteranno le reazioni che potrebbero essere anche tragiche e prolungherebbero inevitabilmente il regime virtualmente in disfacimento. L’opposizione non deve insistere che su due punti: che non si facciano delle pressioni politiche, affinché la magistratura possa con tutta l’indipendenza fare il suo dovere; e, in secondo luogo, insistere sullo scioglimento della Milizia nazionale, condizione essenziale perché lo Stato-partito torni ad essere Stato-Nazione. (…) Non pensate alla parte che avete da sostenere, e non lasciatevi prendere da impazienze, le quali potrebbero compromettere la soluzione prossima del crollo definitivo. E poi, per non passare da bassa pressione addirittura all’aria rarefatta, un regime intermedio militare sarebbe l’unica forma desiderabile del trapasso”.



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