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Willy Brandt


Dal delitto Matteotti al fallimento dell'Aventino

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La Fondazione Kuliscioff ci fa pervenire un nuovo estratto su Matteotti Dal Carteggio tra Anna Kuliscioff e Filippo Turati, Anna e la Politica - Dal delitto Matteotti al fallimento dell'Aventino.Lo spazio temporale che va dal delitto Matteotti alla fine dell'esperienza "aventiniana", che Anna definisce "una resa alla spicciolata", offre ormai una strada in discesa alla definitiva conquista del potere di Mussolini. Anna esprime con dolorosa franchezza a Filippo anche la consapevolezza dell'impossibilità di continuare la pubblicazione della Critica Sociale, che nelle loro lettere definivano "questa nostra figlia".
( Francesco Carelli)

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Alla ricerca sempre più difficile di iniziative politiche per sbarrare la strada al fascismo, e, sempre attenta alle forze di opposizione non socialiste,il 15 luglio 1924, Anna scrive: “(…) Sarebbe da stimolare Amendola, Sforza e Albertini, perché si costituiscano al più presto in partito politico unico, liberale-democratico; perché sarebbe quel partito che avrebbe dato garanzie ed affidamento a tutti quelli che temono del salto nel buio, se dovesse cadere il regime mussoliniano”.
Ancora, Anna a Filippo. “Se è vero che l’esercito è quasi disarmato, e le armi, anziché nei magazzini militari si trovano presso la Milizia; se Mussolini si fa votare il bilancio provvisorio, finché i bilanci non saranno approvati anche dal Senato, cioè sino a luglio, se gli piacerà di non riaprire più la Camera, non è troppo fantastica l’ipotesi che si premediti qualche colpo di gran portata. Che cosa ne pensano le opposizioni fuori e dentro la Camera? Mi pare che sia il momento di far precipitare le cose, senza lasciare tempo alle preparative aggressioni a tutto il Paese. Secondo me, Giolitti, Orlando, qualche generale del Senato, come Giardino, Zupelli, Caviglia e altri, dovrebbero recarsi dal re e fargli presente che, se non si decide “subito”, potrà andare per aria anche la sua dinastia. Soprattutto non bisogna lasciare del tempo a chi ha tutti i mezzi ancora di lanciare le “quadrate legioni” contro tutti e tutto. Non c’è che il re che può salvare ancora il Paese, ed è a decidersi e decidere gli altri dell’opposizione di agire in questo senso senza indugio”.
Milano, 20 novembre 1924.
Anna scrive una lettera inizialmente ottimista. Ha avuto la visita di Carlo Rosselli. “Una lunga visita di Rosselli fu come una ventata di primavera, di una giovinezza sana, intelligente, piena di promesse di una intellettualità robusta e nutrita. E’ uno dei pochi giovani che ad uno spirito critico assai equilibrato unisce anche una visione chiara di quel che devono essere le giovani forze, che devono maturare con lo studio nei contatti con la vita reale. Tornò da Londra entusiasta del Labour Party, ammiratori dei suoi uomini e della prova che diedero di sé nei nove mesi di governo; io lo incoraggiai di fare un articolo per la “Critica” sul movimento proletario inglese e la sua politica, che si svolge cos’ differentemente da quello nei paesi latini(…).
Milano, 16 dicembre 1924, alle Anna: “
Secondo me, Giolitti, Orlando, qualche generale del Senato, come Giardino, Zupelli, Caviglia e altri, dovrebbero recarsi dal re e fargli presente che, se non si decide “subito”, potrà andare per aria anche la sua dinastia. Soprattutto non bisogna lasciare del tempo a chi ha tutti i mezzi ancora di lanciare le “quadrate legioni” contro tutti e tutto. Non c’è che il re che può salvare ancora il Paese, ed è a decidersi e decidere gli altri dell’opposizione di agire in questo senso senza indugio”.
La situazione peggiora rapidamente, nel gennaio 25 Anna scriveNon c’è che una carta sola su cui giocare: S.M. il re. Se questa fallisce, si potrà fare le valigie ed emigrare all’estero. La stampa, anche senza la legge restrittiva, verrà soppressa coi sequestri. Si scioglieranno i circoli delle opposizioni, si comprimerà qualsiasi manifestazione di libertà, ecc., ecc. Alla minima riscossa dello spirito pubblico si insceneranno nuovi fattacci ed il Paese andrà alla rovina. Si accusa il re, si accusano le opposizioni, si accusano i partiti e l’autorità giudiziaria, perché non salvino il Paese dal disastro. Purtroppo, non c’è che un coefficiente che manca, e l’essenziale: ed è la mancanza del popolo, che non sente e non si commuove per ragioni idealistiche”
Prosegue: “Se in alto loco si è tentennanti per la solidarietà espletata fino ad ora al governo, non ci sarebbe che una risorsa, per non esporre la stessa dinastia di essere travolta dall’alta marea, ed è l’abdicazione del sovrano in favore del figlio, e col nuovo regno la proclamazione della fine di questo regime”.
“L’offensiva delle opposizioni, una volta cominciata,
doveva essere serrata sin dal principio; fatta a contagocce, si è diluita, ed ha lasciato tutto il tempo di inscenare le manovre intimidatrici ai nemici. Il popolo non ha ancora alcuna coscienza politica, subisce passivamente tutte le compressioni politiche, e si adatta alle offese più atroci all’umanità e alla dignità di cittadini”.
Milano, 10 gennaio 1925. Anna. “L’Aventino poteva durare qualche mese, e si è prolungato fin troppo, perché, in sette mesi, ha creato bensì una nuova situazione spirituale nel Paese, non domina la situazione, e l’avversario è ancora più che forte, e ben agguerrito e spalleggiato, forse anche per paura, dal custode superiore della Costituzione e della legge.
Il Paese non si muove, le opposizioni sono impotenti per un’azione, parlamentarmente il duello ormai è finito e l’orizzonte si è chiuso più che mai. Non sono pessimista, ma bisognerà armarsi di grande pazienza, perché non credo, come non credevo mai, ad una prossima fine. (…)”.
Fino ad arrivare al 12 giugno 1925, a proposito del rientro alla Camera. Anna. “Purtroppo, non ho grande fiducia che il piano della discesa possa attuarsi e, d’altronde, essendo l’ultima carta che avete in mano, se la vostra presenza si riducesse alla impossibilità di poter parlare, senza accompagnamento di nessun fattaccio clamoroso, non sarebbe più possibile il ritorno puro e semplice sull’Aventino, ma dovrebbero seguire le dimissioni, in massa. Ora, per varie ragioni anche di indole tutt’altro che meschina e utilitaria, i singoli Gruppi in grande maggioranza non credo si adatteranno a seguire la logica sino in fondo, ed avverrà uno sgretolamento ed una fine disastrosa anche in vista delle prossime elezioni. E’una distruzione tragica quella dell’Aventino, è il suo essere o non-essere. Certo, se fossero tutti disposti a scendere, affrontando tutte le eventualità nei loro utili ed anche nei relativi danni, la discesa sarebbe indiscutibile; ma tutti dovrebbero essere ben persuasi che la discesa non sarà un pacifico tentativo per la normalizzazione, anzi che si debba essere disposti di uscirne, anche con le ossa rotte. (…) Temo soltanto che, essendo la vostra maggioranza molto tiepida, la vostra riapparizione alla Camera, se non sarete aggrediti dai nemici, possa finire in un fiasco di urli discordanti. I repubblicani faranno questione dell’Istituzione; i massimalisti della rivoluzione proletaria, che risanerà tutto; i popolari saranno molto timidi, volgendo sempre lo sguardo verso il Vaticano; i costituzionali si troveranno in disagio in mezzo a tutte queste note discordanti; e temo che avvenga il peggio, cioè lo sfasciamento dell’Aventino e, quindi, la resa alla spicciolata.
Così esprime il suo pensiero a Turati circa la discesa. Milano, 15 giugno 1925. “Francamente non si capisce una discesa pacifica per la discussione della legge giuridica, una discussione in un Parlamento come questo che avete negato fino a ieri. Ho sempre sostenuto la discesa, cogliendola prima plausibile occasione, per farvi una dichiarazione collettiva di tutto l’Aventino, una specie di atto d’accusa contro il governo dal 10 giugno 1924 al giugno 1925. L’attuale progetto di legge per sanzionare i pieni poteri, esercitati sin da due anni e mezzo fa, si presta in sede di discussione generale a stendere l’atto d’accusa contro tutte le violazioni della Costituzione in tutta la sua estensione, e contro lo spirito di dittatura, esercitata dall’attuale regime. Questa dichiarazione, che dovrebbe essere l’unico discorso, provocherebbe un pandemonio, e l’Aventino conserverebbe tutta lafisionomia e tutto il significato morale della sua secessione, dimostrando a tutto il Paese l’impossibilità del funzionamento parlamentare con comparse di S.E. il Dittatore d’Italia. (…) Per parte mia, preferisco piuttosto la conservazione del blocco aventiniano, anziché una disgregazione in seguito ad una discesa composta, misurata e da buoni figlioli. Pensaci su, e non ostinarti nel voler vincere pur di vincere”.
E’del 20 novembre l’ultima lettera a Turati, in cui dispensa valutazioni politiche, espone consigli sul da farsi in Parlamento, come pure cosa fare del prossimo numero della “Critica” di cui delinea il contenuto neutro e termina con la speranza di accogliere l’arrivo del suo Filippo, stando in piedi e andandogli incontro….
“Dopo la cacciata veramente ignominiosa dei sei o sette comunisti dalla Camera, cacciati a furia di calci, sputi, schiaffi ed ingiurie e buttati fuori in piazza, dove il “consenso” degli sfaccendati ha continuato l’azione dei rappresentanti della nazione in Parlamento, dopo questa prova del funzionamento del Parlamento medesimo, mi pare che anche gli indecisi si saranno convertiti alle dimissioni, e che i convertiti vi saranno anche fra gli altri partiti ex-aventiniani. Certo si può sempre cavillare e, anziché convertirsi alla tesi la più logica e la più dignitosa, ravvisare nel fattaccio di ieri un argomento di più per conservare lo statu quo dell’astensione, per non sembrare vili. Questo argomento può servire, sino ad un certo punto, pei popolari e democratici che decisero già di partecipare ai lavori della Camera attuale, ma non per tutti gli altri partiti, che, pur essendosi distaccati dall’Aventino, mantengono pur sempre l’astensione. Certo, questa deliberazione avrebbe dovuto essere presa non più tardi di oggi se no il ritardo ne diminuirebbe l’efficacia a cui giova la tempestività dell’atto di dimissioni in numero considerevole. Quanto alla “Critica” tocca all’editorese fosse il caso di sospendere le pubblicazioni in fine d’anno. Intanto il prossimo numero il compilatore prepara con materia di puri studi astratti e teorici, e anche lui è d’avviso di continuare, finché si potrà. Io continuo benino e voglio sperare che al tuo ritorno, se nulla succede di straordinario, di accoglierti in piedi e venirti incontro con una cera meno sofferente dei giorni passati. I ragazzi tutti ti mandano un bacione. Mille tenerezze con infinito affetto. Tua Anna”.


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